domenica 29 gennaio 2012

L'analisi: a cosa serve e che cambiamento produce?

Il cambiamento decisivo per l'individuo in analisi sta nella possibilità di trovare con se stesso incontro e vicinanza, di generare dialogo e conoscenza dove prima c'era silenzio, diffidenza e fuga, come in presenza di un estraneo o come dinnanzi a un meccanismo rotto, malgrado fosse in presenza di sè e in rapporto col proprio sentire e con la propria intima esperienza. Acquisire questa capacità in analisi, che io definisco come il luogo dell'incontro e del dialogo dell'individuo con se stesso, con la propria interiorità, è processo che inizia subito, ma che giunge a maturazione gradualmente. Come analista cerco e favorisco apertura totale dell'individuo alla propria interiorità e del suo profondo cerco di fargli avvicinare voce e proposta. I sogni sono l'espressione più alta della propria vita interiore e vero motore della ricerca. Sono attività pensante, base e veicolo di una nuova visione che, non più appiattita sulle cose e sui fatti, illumina ciò che accade dentro sè, i nodi e i temi veri della propria esistenza, le aspirazioni e le spinte progettuali più autentiche. Se in precedenza il pensiero era, un pò per astrattezza, un pò per passività e per adagiamento sul pensato comune e convenzionale, un pò per approssimazione, ben lontano dal garantire all'individuo capacità di farsi interprete fedele di se stesso, gradualmente invece nel corso dell'analisi, fecondato dai sogni e condotto sempre a riferirsi e a fondarsi sul sentire, cambia letteralmente pelle. Acquisita così e gradualmente piena e salda capacità di guidarsi dall'interno, di fondarsi sempre e comunque sul proprio sentire e sul proprio corso interno, di capirsi in dialogo aperto con se stesso, senza più fughe e chiusure diffidenti o ostili, l'individuo è pronto per proseguire da solo il suo cammino.

Il prezzo della lontananza da se stessi

Il prezzo della lontananza da se stessi. E’ il prezzo che si paga quando, in presenza di un'interiorità, che non rinuncia a porre al primo posto la centralità dell'essere rispetto al fare e al proseguire purchessia, di un'interiorità che dà segnali non di guasto e di disfatta, ma di tormentata presenza viva, che smuove e dice, che chiede ascolto, la risposta é quella del solo allarme, del lamento, dell'invocazione di dissolvere e di mettere a tacere la propria intima voce, dell'indisponibilità al confronto con se stessi e alla ricerca del senso di ciò che si sta sentendo e profondamente sperimentando. La lontananza da se stessi si evidenzia e si rafforza nel dare disponibilità a impacchettare tutto della propria esperienza interiore sofferta nell’idea di malattia, con una bella sigla ( etichetta diagnostica) messa sopra, che illude di capire, di spiegare (quando mai mettere un’etichetta dal vago sapore scientifico aiuta a capire, a fare passi avanti nella conoscenza di se stessi? ). Qualche farmaco e qualche buon (si fa per dire) consiglio e esortazione per zittire il malessere o per metterlo nel sacco, cercheranno di chiudere ( illusoriamente) il conto. Per capire lo stato attuale delle cose e soprattutto l’intoppo nel dialogo con se stessi, l'incapacità di ascoltarsi, che nel frangente della prova difficile, della crisi si evidenzia clamorosamente, dobbiamo però considerare tutto ciò che ha preceduto le tormentate nuove pagine di vita e d'esperienza. Da sempre la parte di sé che si esprime nel sentire è stata probabilmente incompresa e sminuita. Trattate le proprie emozioni, stati d’animo e corsi interni d’esperienza come roba di secondo piano, puro colore e rumore di fondo, gradito se complice, guardato con sospetto e con fastidio se dissonante e discordante le attese e le previsioni, tutto il valore e l’affidabilità possibile son stati dati alla parte "alta", quella della cosiddetta consapevolezza, ragionante e capace di presunta obiettività e di lucido controllo. Peccato che questa parte, se ben osservata, mostri di  assorbire come spugna luoghi comuni e parti di discorso prese in prestito e mai da sé verificate e comprese, peccato che ami prima di tutto aggirare l'ostacolo anziché vedere e capire, che isoli, discrimini o bellamente metta in secondo piano e oscuri tutto ciò che non le dà conferme e rassicurazioni utili, che metta al primo posto la compatibilità con l’interlocutore esterno e col giudizio altrui più che l’aderenza e il confronto con se stessi…e via di questo passo, in un modo di procedere dove l’andar dietro e il non voler essere da meno degli altri e delle loro attese, dove l’afferrare tutto il ben di dio del mercato delle idee comuni e delle soluzioni pronte (considerate come la "realtà" unica e possibile)                                  valgono più di ogni altra cosa, dove i segnali interni discordanti e potenzialmente fondanti le ragioni e le occasioni del proprio esserci e del vedere con i propri occhi ( impacci, silenzi, inquietudini, ritrosie, cadute d’interesse e di motivazione, ecc) vengono viste e contrastate come le bizze di un mulo che non vuole fare, che non sa stare al passo. Quanto della propria esperienza interiore è mai stato difeso, valorizzato, ascoltato, avvicinato come terreno vivo di incontro con se stessi, come occasione per capire cosa stava accadendo? Spesso nulla, proprio nulla. Perciò parlo di lontananza da se stessi, già abituale e che fa sì che nel momento in cui la propria interiorità fa la voce grossa, mette in campo segnali di malessere, interferenze grandi come case, questa voce non venga raccolta, compresa, soprattutto non dia il via alla voglia di raccogliersi su di sé per cominciare a ritrovarsi, a metter finalmente al primo posto l’essere rispetto al tirar dritto.

L'ascolto e il dialogo con l'interiorità

Nel confronto con l'esperienza interiore si tende spesso a separare presto vissuto e pensato, a trattare quanto sentito, sperimentato interiormente solo come vago indizio o pretesto per passare in fretta a cercare di spiegare il perchè e il percome facendo ricorso a giri di ragionamento. Cercando in cause ipotetiche e plausibili le ragioni del disagio, riconducendo e incastrando in soliti schemi già noti tutto il senso, ci si convince di capire. Accade in realtà che il sentire non venga ascoltato in ciò che dice e rivela, in ciò che vuole condurre a riconoscere. Il sentire non è conseguenza di una causa, una sorta di reazione, di risposta riflessa, il sentire è luogo d'esperienza, è via di conoscenza. Col ragionamento viaggiamo liberi in lungo e in largo e costruiamo ipotesi tanto ben disegnate e sagomate quanto spesso sterili e lontane da ogni relazione con l'esperienza intima, quanto spiantate, senza alcuna corrispondenza con noi. Il nostro sentire ci permette invece in una forma sensibile di entrare in rapporto con ciò che abbiamo occasione e necessità di avvicinare, di capire di noi stessi....un pò come conoscere una cosa toccandola, sentendola, un pò come camminare a piedi nudi e sentire il terreno, apprezzando tutte le caratteristiche vere del percorso che stiamo facendo passo dopo passo. Vale dunque la pena di dar retta al sentire, di imparare ad ascoltarlo, a cogliere ciò che sta rivelando, sempre, senza rifiuti, senza separazioni di comodo tra bel sentire o cattivo. Per intima esperienza e impegnandosi a raccogliere ciò che il sentire produce, si può davvero capire, solo così e non invece separando il pensiero dal sentire e consentendogli di tenere in pugno la conoscenza come ragionamento. Solo facendo esperienza, concedendoci senza barriere al  nostro sentire e mettendoci, attraverso riflessione, come allo specchio per vedere cosa succede dentro le nostre sensazioni e stati d’animo, possiamo fare conoscenza fondata e vera, utile e feconda. Va detto poi che il nostro profondo, che genera il nostro sentire, che ci propone a volte percorsi non facili, ma sensati, da capire, da scoprire all'interno e dall'interno, è anche assai generoso di indicazioni e di suggerimenti per capire noi stessi e quanto sta accadendo, attraverso i sogni. Certo i sogni non vanno letti in modo concreto o interpretati con disinvoltura, esercitando nei loro confronti lo stesso arbitrio ( del metter loro sopra interpretazioni costruite col ragionamento) usato col sentire di cui parlavo all'inizio. I sogni vanno analizzati e scoperti, lasciati dire e dare ciò che racchiudono. Si tratta di una risorsa preziosissima, perchè nei sogni c'è capacità, come in nient’altro, di leggere dentro di noi, di sviluppare pensiero fondato e non spiantato.  La strada per capire se stessi e il senso di ciò che accade interiormente, accettato e accolto nella sua integrità e interezza, non è certo facile e immediata, ma è possibile. E' certamente possibile, purchè con la propria interiorità si impari ( con l'aiuto di chi sappia sostenere e guidare in questo percorso)  ad aprire un dialogo rispettoso, capace di ascoltarla e di attingere e non di parlarle sopra.