martedì 26 marzo 2019

Umanizzare il rapporto con se stessi, con la propria interiorità

Non sono l'ansia o altre espressioni di sofferenza e di disagio interiori a fare danno a chi le vive, ma il modo di trattarle, di non riconoscerle come parte di sè, come corso intimo d'esperienza, che in modo vivo coinvolge e dice, che vuole portare vicino a verità, rendere visibile qualcosa di fondamentale di se stessi. Pensata come sintomo, come meccanismo patologico da classificare e controllare, l'ansia, l'esperienza interiore sofferta, diventa anonima e nemica, un disturbo con la sua dicitura, etichetta diagnostica, un disturbo di cui liberarsi. E' questa del classificare e dell'incasellare in quadri e in formule psicopatologiche, mossi fin dall'inizio dall'intento di contrastare e di debellare l'esperienza interiore disagevole, una pessima abitudine, ahimè assai diffusa, fatta propria sovente anche da chi vive in prima persona l'esperienza della sofferenza interiore. Accade così che parli di sè, della propria esperienza interiore, come fosse la copia di una pagina di un manuale di psichiatria, che non è certo il massimo, visto che la psichiatria spesso e volentieri descrive la superficie, incasella ogni momento ed espressione dell'umano e della sofferenza interiore come fossero quadri abnormi tipici, facendo di ogni erba un fascio, rinunciando a capire, rivelando sostanziale non volontà e incapacità di avvicinare e di comprendere l'esperienza interiore. Che tristezza la rinuncia a cercare significato nella propria esperienza, originale, unica, a avvicinare il proprio sentire come traccia viva per capirsi, per conoscersi! Si usano, si applicano a se stessi con disinvoltura espressioni orribili come fobia sociale, sigle del cavolo come dap, doc e simili, che disumanizzazione! Sarebbe importantissimo e profondamente umano avvicinarsi a sè, riconoscere in ogni esperienza interiore un'espressione del proprio essere, un percorso, sì difficile e accidentato, ma un percorso, non una meccanica abnorme da aggiustare e da regolare, pronti a impasticcarsi, a farsi ammaestrare da qualche "psicoriparatore" su come rimettersi a norma. Che disastro questo modo di maltrattare se stessi, il proprio sentire, le proprie esperienze interiori, sì tormentate, dolorose, strane, imbarazzanti e persino sconcertanti, ma non per questo assurde o malate, non per questo insulse e prive di capacità di far vedere puntualmente e sensibilmente aspetti e verità di se stessi! L'esperienza vissuta, anche quando sembra contorta e assurda, fallimentare, dà occasione viceversa se ascoltata, se avvicinata non con spiegazioni o interpretazioni ragionate, ma riflessivamente (come guardandosi allo specchio, guardando negli occhi il proprio sentire) di riconoscere tracce vive di significato, di capire, di cogliere nodi importanti. Momenti interiori aspri, ripetuti, logoranti, tormenti, esperienze e prove che paiono "disastrose",  non sono mai casuali, incapaci di offrire lezione viva e vera di conoscenza di se stessi. Non si tratta di spiegare, di trovare le cause, questo lavorio del capire è mal speso, si tratta invece di imparare a intendere il linguaggio del sentire, di raccogliere ciò che l'esperienza intima pur dolorosa sa e vuole dire. Il primo proposito di fronte al malessere interiore è assai spesso di liberarsene, di superarlo, pensando sia la miglior cosa, in realtà è come voler mandare al diavolo parte intima e viva di se stessi, senza riconoscerla come tale e senza concederle di avere capacità di dire e di dare qualcosa di utile, di intelligente. Prima di correre ai ripari, auspicando di spazzare via tutto, bisognerebbe riflettere sulla grande utilità e positività, per non mettersi da subito in guardia e in armi contro se stessi, che avrebbe trarre frutto da ciò che si vive interiormente, non importa se ingrato, se insolito, se tumultuoso, se doloroso. Purtroppo delle esperienze interiori, di come si esprime l'interiorità, di quello che vale e sa dare la parte intima e profonda del proprio essere c'è diffusa ignoranza. Dentro di noi c'è una parte appunto, intima e profonda, che interviene nella nostra esperienza, che capace di guardare in profondità dentro di noi e nelle nostre scelte e modi di procedere, capace di non farsi abbagliare dalle apparenze, non rinuncia a dire la propria, a stimolare la scoperta del vero, nel nostro interesse, a coinvolgerci, parlando attraverso le nostre emozioni e tutto ciò che muove nel nostro sentire. Nulla di ciò che sentiamo è casuale, leggere tutto in termini di normalità o meno segnala solo l'incapacità di comprendere significato e valore dell'esperienza interiore. E' una parte di noi stessi, quella profonda, che detta tutto il nostro sentire, che non crede importante che tutto scorra liscio, che considera viceversa prioritario conoscerci e prendere coscienza, crescere in intelligenza vera e in autonomia di sguardo e di pensiero, fondamento della nostra libertà di prendere in mano la nostra vita e di interpretarla in modo felicemente fedele a noi stessi, che non rinuncia a farlo, anche se, per conquistare consapevolezza, per crescere, ciò dovesse implicare fatica, costi dolorosi. Accade che si sia coinvolti da questa nostra parte profonda, che ci colora delle nostre emozioni, che ci spiazza, che ci cala a volte con forza in esperienze interiori sì disagevoli, difficili, ma eloquenti, significative, capaci di aprirci gli occhi, se sapute intendere, se impariamo ovviamente a trattarle con rispetto e a leggerle come esperienze e non come sintomi, come segni tipici di anormalità o di patologie. Nulla ci succede per caso, tutto ciò che ci accade interiormente ci parla di noi, ci porta verso di noi. Intendiamoci, non è facile e immediato trovare il senso dove in genere si applica il giudizio pronto, dove prevale la squalifica, dove il senso comune di fronte a malessere interiore pare concorde nel parlare subito, come fosse cosa scontata e evidente, di anomalie, di risposte interiori assurde e inspiegabili, di risposte difettose, di insufficienze, facendo subito riferimento a ciò che invece sarebbe normale e positivo sentire, provare, dove gli stessi "esperti" in non piccola parte sono pronti a confermare simili giudizi, pur mettendo in campo termini tecnici più sofisticati. Per entrare in rapporto e in dialogo con ciò che vissuto interiormente invece più spesso si giudica e si cestina perchè  si considera semplicemente anomalo, è necessario imparare a fare ciò che non si è abituati a fare, a cercare il filo interno di senso in ciò che si sente, è fondamentale scoprire che il sentire, tutto il sentire in tutte le sue espressioni, dice e rivela, che concordemente e intelligentemente parlano i sogni, che la parte cosiddetta emotiva e irrazionale di se stessi non è affatto inaffidabile e avventata, capricciosa o poco lucida. Poco lucido e accecante è viceversa il pregiudizio, è il ragionare che mette ordine, ma che non comprende, che riallinea e combina i significati preconcetti, ma che non si cura di vedere, di aprire davvero gli occhi sull'intimo dell'esperienza vissuta. E' una vera rivoluzione quella che conduce a conoscere non per selezione ed esclusione, ma per comprensione e per ascolto di tutta l'esperienza interiore, di tutto il sentire proprio. Imparare a andare incontro, a reggere la tensione dell'esperienza interiore disagevole, che solitamente si tende a contrastare, a rifuggire e a scaricare, imparare a rapportarsi fiduciosamente, a riflettere, cioè a cogliere l'intimo volto di ciò che si sente, anzichè commentare e spiegare razionalmente, è ciò che servirebbe. Non lo si sa fare, non si è cresciuti mai in questo, ci si è abituati a assorbire idee, non a generarle, facendo leva sul proprio intimo, sul proprio sentire come guida, ci si è addestrati a applicarsi ad altro per conoscere, a prendere in prestito spiegazioni, a delegare a autorità esterna, vuoi di libri e di autori, vuoi di concetti già predisposti e rimasticati, il compito, la capacità di spiegare, di formare ed informare il proprio pensiero. Se ripartire da sè è la grande occasione per accorgersi che si può accendere il proprio sguardo fondandosi su esperienza intima e su possibilità di vedere con i propri occhi, questa è un'occasione enorme che il profondo, che l'inconscio ha ben presente, che con forza incoraggia o pretende, ma che la parte conscia spesso non comprende e rifiuta in malo modo, senza nemmeno capire cosa sta facendo con giudizi di disturbo e di anomalia applicati a propria intima esperienza, senza capire le  gravi implicazioni di questo modo di trattare l'esperienza interiore. E' possibile aprire dove spesso con diagnosi e terapie si chiude, è possibile umanizzare dove in non pochi casi la cura, pur sembrando buona e soccorrevole, deruba di umanità per far vincere la normalizzazione, che allontana da se stessi. E' necessario un lavoro nuovo, importante, serio, graduale, con l'aiuto di chi lo sappia incoraggiare e indirizzare, di chi non abbia in testa manuali e teorie preconfezionate, ma capacità di intendere l'esperienza interiore come matrice di conoscenza, come occasione unica di ritrovata sintonia con se stessi. Fondamentale è il desiderio di trovare accordo e unità con se stessi, di conoscersi davvero in tutto ciò che si è, interiorità compresa.

1 commento:

Unknown ha detto...

Ho iniziato oggi a leggere uno dei tuoi scritti ...su argomenti a me quasi totalmente estranei..ma trattati da te in modo molto chiaro e di facile lettura e comprensione.... Tutto sommato, al termine della lettura , mi sono congratulata con me stessa per essere quasi sempre riuscita a cercare il filo interno di senso in ciò che sentivo...trovando, nel corso della mia vita, accordo e unita' con me stessa . Complimenti per i tuoi studi e la tua attivita', della quale mi piacerebbe conoscere qualcosa di piu'..Comunque cerchero' di continuare a leggere i tuoi scritti.. Eliana...
elianafreccero@hotmail.it