domenica 21 gennaio 2018

L'equivoco del rimedio naturale

Chi non intende che ciò che sta provando, pur insolito, doloroso, disagevole, ha un senso, che non è patologia da sanare, ma che racchiude una proposta e un potenziale utile e necessario da imparare a comprendere e a valorizzare, cerca con affanno e con ostinazione un modo e un mezzo per mettere a tacere, per sbarazzarsi di ciò che considera solo un danno per se stesso. Convinto di prendersi in questo modo cura di se stesso e di difendere i propri interessi, cerca qualcosa che agisca per zittire e per dissolvere possibilmente ciò che interiormente considera solo un disturbo, una alterazione che comprometterebbe il suo buon vivere e "normale". La stessa ricerca delle cause del malessere interiore è una delle opzioni nella ricerca dei rimedi, concepiti per venir fuori da una condizione disagevole. Pare scelta più lungimirante e aperta del ricorso a armi chimiche, farmacologiche impiegate per combattere e per mettere a tacere il malessere, ma muove sempre dall'idea, meglio sarebbe dire dal pregiudizio, che ciò che l'individuo sta vivendo interiormente di arduo e disagevole sia uno stato anomalo e negativo, che va ricondotto a una causa, a un fattore sfavorevole, a un cattivo condizionamento, a un trauma, che avrebbe provocato un guasto e compromesso il normale e fisiologico sviluppo. Pare scontato che le cose stiano così e tutta un'offerta di cure asseconda e alimenta questa idea, l'infermeria sociale che si propone di curare i disagi interiori offre e suggerisce mille rimedi, chimici di sintesi o naturali, psicologici. Il rimedio cosiddetto naturale pare a molti più benevolo e rassicurante, meno rudemente estraneo e minaccioso di effetti, più o meno collaterali, dannosi del farmaco. Cosa c'è in questo ricorso a prodotti e mezzi naturali di davvero naturale e nel rispetto della propria natura? Per chi si sta confrontando con un'esperienza interiore difficile sarebbe assai utile e opportuno frenare la propria corsa, condotta con affanno e con ostinazione, alla ricerca dell'arma che debelli il presunto male, sarebbe importante non cadere nell'illusione che ci sia arma meno rischiosa e più buona ricorrendo a rimedi cosiddetti naturali piuttosto che farmacologici. Nelle intenzioni e nell'atteggiamento di chi ne fa uso si tratterebbe infatti in ogni caso di porsi in urto ostile con la propria esperienza interiore, facendo leva su un rimedio, su un'arma, naturale o sintetica che sia, per neutralizzare e togliere di mezzo ciò che sta provando. E' importante non dare per scontato nulla, è fondamentale interrogarsi su ciò che il proprio malessere è realmente e può valere, su ciò che significa e propone, anche se al momento impreparati e senza mezzi per ascoltarsi e per capire il linguaggio interiore. Solo così si potrà valutare attentamente in cosa consista prendersi davvero cura di se stessi, cosa sia fare il proprio bene e interesse. Solo uscendo da facili luoghi comuni si potrà comprendere quale sia la risposta o se vogliamo usare il termine rimedio, quale sia il rimedio davvero naturale. La risposta più naturale al malessere e alla crisi, che rispetti la propria natura e che la assecondi, che non alimenti dissociazione e conflitto con la parte intima e profonda di se stessi, che favorisca l'unità del proprio essere, che scaturisca da se stessi e che non si avvalga di altro e estraneo, è la conquista e l'esercizio da parte propria della capacità riflessiva, della capacità di accogliere e di riconoscere in ciò che si sente, che si prova interiormente l'originale e vero significato e la proposta. Può servire un valido aiuto non già per combattere e per eliminare, per sradicare il malessere come scopo primario, bensì per imparare a ascoltarsi, a entrare in rapporto e a raccogliere l'intima proposta del proprio sentire. Non c'è nulla di peggio, non c'è peggior danno alla propria natura del porsi in contrasto, del cercare di eliminare, di far fuori ciò che la propria parte vitale profonda sta dicendo a se stessi attraverso il vissuto, di considerare pregiudizialmente nemico il proprio sentire, non importa se disagevole e in apparenza, solo in apparenza, sfavorevole o nocivo. Può accadere che ciò che si sente intralci il modo consueto di procedere, che la parte profonda di se stessi soprattutto all'inizio, per incidere, per farsi ascoltare, per spingere a occuparsi di se stessi e della propria sorte, per spingere a lavorarci sopra, blocchi o riduca la funzionalità dell'agire, dell'andare, del fare, che renda il proprio quadro interiore niente affatto godibile e tranquillo. Ciò però non significa che l'intervento del profondo, che quanto si sta interiormente vivendo, vada contro i propri interessi più veri e profondi. Se si sviluppasse, con l'aiuto adatto, capacità riflessiva, capacità cioè di vedere l'intimo volto e di riconoscere l'autentico significato di ciò che si sta provando, di capire cosa il proprio sentire sta dicendo e spingendo a vedere, a conoscere, non si trarrebbe certo danno da simile rapporto e si scoprirebbe che c'è tanto di nuovo di se stessi da comprendere per non perdere di vista ciò che per sè più conta. Il normale procedere, che tanto si teme di perdere e che il malessere interiore sembra intralciare e compromettere, è spesso infatti forma di pensiero e di procedere imitativa d'altro, presa in prestito e non coerente con se stessi, rischia di essere forma vuota e non ricca di sè di condurre la propria vita, più in armonia con altro e con altri che con se stessi. Il rimedio più naturale al malessere e alla crisi interiore è recuperarne il potenziale, è farne tesoro, è comprenderne e assecondarne gli intenti e i pungoli di crescita e di trasformazione nel verso del conoscere e del diventare se stessi. Viceversa la corsa al rimedio, che sia farmacologico o naturale poco importa, inteso e usato come mezzo per tentare di spegnere e di spazzare via ciò che difficile e disagevole si sente, anche se ritenuta utile e positiva, è in realtà scelta lesiva della possibile intesa e unità con se stessi, distruttiva di ciò che potrebbe nascere e crescere dall'incontro e dal dialogo con la propria interiorità che quel sentire propone, è scelta innaturale, diretta contro la propria natura.

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